Stile

PUNK MEETS KHADI: VIVIENNE WESTWOOD DEBUTTA IN INDIA

Team ISSUE - Abril 7th, 2025

Bombay ha vibrato al ritmo di uno scontro culturale quando la celebre Gateway of India si è trasformata nel palcoscenico del primo défilé indiano di Vivienne Westwood. Sotto un cielo umido e tra i flash delle celebrità—tra cui Kareena Kapoor Khan e Radhika Merchant—la maison britannica, simbolo di ribellione dagli anni ’70, ha presentato la sua collezione Primavera/Estate 2025 insieme a una capsule esclusiva realizzata in seta Khadi e Chanderi, tessuti artigianali dell’eredità indiana. Il messaggio era chiaro: Westwood, anche postuma, continua a sfidare le regole, fondendo il DNA punk con il patrimonio tessile locale. Ma la domanda resta: ha emozionato o solo provocato?

L’atmosfera era elettrica, non priva di tensioni. La passerella di 166 piedi, illuminata da colori vivaci davanti al monumento storico, contrastava con la pioggia leggera che minacciava di rovinare la serata. La colonna sonora—un mix dissonante di classici indiani e il beat di Alisha Chinai—ha diviso il pubblico: c’era chi l’ha trovata un omaggio kitsch e chi, invece, l’ha vista come una perdita dello spirito contraculturale di Westwood. Le silhouette—corsetti scultorei, volant eterei e tartan—dialogavano con sari in Chanderi, ma alcuni spettatori hanno sussurrato: “Già visto”. Un commento sui social ha sintetizzato il malumore: “Conoscete davvero i tessuti indiani? Questo sembra economico.”

Cortesia Vivienne Westwood

L’ispirazione, sulla carta, era impeccabile. Andreas Kronthaler, direttore creativo e vedovo della stilista, ha collaborato con artigiani di Khadi India e Aaranya, progetto dedicato alla salvaguardia delle tecniche tessili tradizionali, per creare capi che unissero il linguaggio punk alla resistenza simbolica del Khadi—tessuto promosso da Gandhi. Il CEO Carlo D’Amario ha elogiato la leggerezza del Chanderi: “Mi ha lasciato senza parole,” ha dichiarato. Ma qui è emersa la contraddizione: se da un lato i tessuti celebravano la maestria locale, dall’altro le creazioni sembravano mancare della radicalità che definiva Westwood. “Un omaggio rispettoso, ma troppo educato,” ha scritto un critico.

Le celebrità, invece, hanno brillato. Radhika Merchant ha indossato un corsetto d’archivio dalla collezione Portraits (1990), abbinato a un sari Chanderi, mentre Janhvi Kapoor ha scelto un abito corsetto già diventato iconico. L’evento, organizzato in meno di un mese con il sostegno del governo del Maharashtra, ha rivelato una strategia chiara: alleanze con istituzioni culturali per intrecciare moda, politica e territorio. “Non è solo moda, è mettere in moto qualcosa,” ha affermato D’Amario.

Il debutto di Westwood in India ha lasciato un sapore agrodolce. I puristi hanno sentito la mancanza del caos rivoluzionario delle collezioni Pirate o Anglomania, mentre altri hanno applaudito l’atto simbolico di unire Khadi e tartan. Forse, come diceva la stessa Westwood: “Se è popolare, non è cultura.” E stavolta, la cultura punk si è scontrata con la tradizione indiana… con un risultato imperfetto ma affascinante, che ricorda a tutti che la moda è, e resta, un campo di battaglia.

Cortesia Vivienne Westwood

Share

[DISPLAY_ULTIMATE_SOCIAL_ICONS]