MODA CONCETTUALE E DECOSTRUTTA: L’INDUSTRIA GIAPPONESE E LA SUA INFLUENZA
Team ISSUE - Marzo 26th, 2025
Nel vasto e mutevole panorama della moda contemporanea, il Giappone si è affermato come un epicentro di creatività, sovversione e rinnovamento concettuale. Fin dalla seconda metà del XX secolo, stilisti giapponesi come Issey Miyake, Rei Kawakubo e Yohji Yamamoto hanno sfidato le norme dell’abbigliamento occidentale, introducendo un’estetica che rompe con la tradizione e ridefinisce la relazione tra corpo, indumento e spazio. La moda giapponese non è solo uno stile: è una dichiarazione filosofica che trova la sua essenza nella decostruzione e nella moda concettuale, due principi che hanno profondamente influenzato l’industria globale.
Nella moda occidentale tradizionale, l’abbigliamento è stato concepito secondo una logica strutturale che valorizza la forma del corpo umano, seguendo canoni predefiniti di bellezza e proporzione. In Giappone, al contrario, l’abbigliamento è storicamente influenzato dalla fluidità dei kimono, dalla sovrapposizione di strati e dall’assenza di una silhouette rigida. Questo pensiero si riflette nel lavoro di designer come Rei Kawakubo, fondatrice di Comme des Garçons, che ha fatto della decostruzione la sua firma.
La decostruzione nella moda, ispirata alla filosofia del francese Jacques Derrida, mira a smontare e reinterpretare i capi. Kawakubo gioca con volumi asimmetrici, tagli grezzi e una tensione costante tra corpo e abito. Le sue collezioni sfidano la simmetria e la funzionalità convenzionale, trasformando i capi in sculture in movimento, più che in semplici indumenti. Questo approccio, lungi dall’essere una semplice sperimentazione estetica, è una critica alla moda consumistica, che impone tendenze effimere e standard irraggiungibili. Per Kawakubo, la moda è identità, rottura, imperfezione da celebrare.
Cortesia Issey Miyake e Comme des Garçons
Oltre la decostruzione, la moda concettuale giapponese eleva l’abbigliamento a discorso intellettuale. In questo senso, Issey Miyake è un pioniere, grazie alla sua fusione tra tecnologia, arte e funzionalità. A differenza di Kawakubo, che decostruisce la struttura, Miyake concentra la sua ricerca sull’innovazione tessile e sull’interazione tra abito e movimento. Uno dei suoi contributi più emblematici è il Pleats Please, una tecnica di plissettatura che rende i capi leggeri, funzionali e quasi eterni. Miyake non disegna semplicemente vestiti: crea esperienze sensoriali che trasformano il rapporto tra corpo e tessuto.
La moda giapponese è una esplorazione filosofica del rapporto tra l’essere umano e il proprio ambiente. Yohji Yamamoto, ad esempio, ha costruito la sua opera attorno all’imperfezione e all’androginia, rifiutando la distinzione tradizionale tra femminile e maschile. La sua palette cromatica scura e l’uso di tessuti ampi sfidano la silhouette tradizionale, proponendo un’eleganza introspectiva e senza tempo.
L’arrivo dei designer giapponesi sulla scena internazionale — in particolare alla Settimana della Moda di Parigi negli anni ’80 — ha segnato una svolta epocale. In un mondo dominato dalla sartoria europea e dal glamour americano, la moda giapponese offriva una nuova prospettiva: la bellezza dell’asimmetria, il valore dell’imperfezione, la rottura con il convenzionale. Da allora, la loro influenza è stata innegabile. Maison occidentali hanno integrato elementi della decostruzione e della moda concettuale nei propri codici estetici. Alexander McQueen, Martin Margiela e Balenciaga hanno attinto direttamente dal lavoro di Kawakubo e Yamamoto, mentre brand come Prada e Rick Owens hanno esplorato il minimalismo sperimentale diffuso dai designer giapponesi.
Cortesia Comme des Garçons